BABAJI RIAPPARE NELLA GROTTA DI HAIRAKHAN
La testimonianza di Chandramani
Una notte nel giugno 1970, verso le tre, mio padre, morto da venticinque anni, mi apparve in sogno annunciandomi che Shri Shri 1008 Hairakhan Baba era ricomparso nella forma fisica di un giovane che stava nella grotta di Hairakhan. Mio padre mi esortava ad andare nella grotta per ricevere il darshan (incontrare il Signore nella Sua forma fisica) di Babaji, che era Baba Hairakhan al di là di ogni dubbio. Mi disse anche di ignorare le eventuali critiche di altre persone, chiunque queste fossero, e di non lasciarLo mai. Mi alzai, e andai alla grotta che mi era stata indicata nel sogno; mentre camminavo mi accorsi che erano solo le quattro del mattino.
Nella grotta trovai un venerabile vecchio che stava seduto alla luce di una piccola lampada ad olio; aveva una lunga barba bianca, ed era coperto con una stoffa bianca. Quando mi vide disse: “Figlio mio, devi tornare subito a casa, e venire qui solo fra tre giorni.”
Andai a casa, ma ritornai immediatamente alla grotta con una coppa di latte. Entrando nella grotta fui sorpreso di vedere che, al posto del venerabile vecchio, c’era un giovane, seduto allo stesso posto, coi capelli lunghi, una lunga barba e grandi baffi: sembrava avere solo venti o ventidue anni. Bevve un po’ del latte che avevo portato, e mi chiese di non dire a nessuno quello che avevo visto. Mi recai nella grotta i due giorni seguenti, ma non Lo vidi. Il terzo giorno Lo incontrai nel tempio situato dalla parte opposta del fiume, su una piccola altura. Egli abitò vicino a questo tempio, e poi andò sul monte Kailash, dove rimase seduto nella stessa asana-yoga (posizione di meditazione) per quarantacinque giorni di seguito.
Rimasi con Lui tutto quel tempo e non Lo vidi mai alzarsi per prendere qualcosa, e neanche per lavarsi; Egli rimase sempre seduto nello stesso posto, assolutamente immobile, dimostrando uan assoluta padronanza dello yoga.
Quando finalmente uscì dalla meditazione, Gli chiesi come avrebbe fatto il bagno, perché non c’era acqua da nessuna parte. Mi rispose:”Ordino al vento di portarMi l’acqua, e così Mi lavo.” Notai allora che i suoi adorabili lunghi capelli erano inzuppati d’acqua e che il Suo corpo divino era completamente bagnato.
Una mattina, verso le tre, avevo una sete terribile: lo dissi a Prabhuji (il Signore) ed Egli mi rispose che non c’era acqua per circa due miglia tutt’intorno, e che non era possibile avere acqua a quell’ora. La sete era tale che mi misi persino a piangere; quasi Lo sfidai, dicendo che poiché Egli era l’incarnazione divina del Signore, poteva sicuramente produrre dell’acqua. In seguito alla mia insistenza, Egli mi prese amorevolmente per mano, e mi condusse verso lo Shivalingam (pietra naturale, simbolo del Principio Maschile della creazione) situato lì vicino.
Avevamo appena fatto due passi, quando due fiotti, uno d’acqua e uno di latte, incominciarono a scorrere dai due lati del lingam. Il flusso dell’acqua era tale, che sia il Signore che io potemmo bagnarci confortevolmente. Da allora non ho mai più visto scorrere acqua o latte da quel lingam. Quando chiesi a Babaji riguardo a questo fatto, Egli mi disse: “Quel giorno tu eri così assetato che Dio non potè fare altro che produrre acqua, ma questo non succederà mai più qui.”
Un giorno mentre ero di nuovo con Lui sul monte Kailash, il Signore mi disse: “Chandramani, oggi verrà qui un leone: non avere paura.” Aveva appena finito di parlare, quando apparve improvvisamente un leone che si avvicinò come un cane si avvicina al padrone, scodinzolando e poi piegando tutte le zampe come per prostrarsi ai Suoi piedi. Poi il Signore schioccò le dita, e il leone scomparve all’improvviso, così come era venuto. Ebbi l’occasione di vedere altre due volte questo leone alla grotta, e ogni volta si comportava nello stesso modo: sembrava un cagnolino domestico. Un altro giorno il mio Signore disse, con lo stesso tono della volta precedente: “Verrà un grande cobra. Non avere paura” Mi avvicinai a Lui il più possibile e, appena ebbe finito di parlare, un enorme cobra lungo sei piedi, di un colore chiaro, dorato, si avvicinò strisciando e si arrotolò al Suo corpo, allargando la sua testa dorata sopra la testa di Babaji, dove rimase così eretto per venticinque minuti. Poi scivolò giù, e se ne andò passando sulle mie ginocchia.
Dopo essere rimasto seduto per quarantacinque giorni sul monte Kailash, Babaji si alzò e mi disse: “Non voglio più andare ad Hairakhan. Ora vado verso l’Himalaya.” Cominciai a supplicarLo: “Se mi lasci, allora perché mi hai chiamato? Non Ti lascerò andare.” Babaji cercò di spiegarmi usando parole dolci ma ferme, ma non Gli prestavo attenzione, convinto che il mio adorato Signore dovesse restare con me. Allora Babaji cominciò a scendere dalla montagna in direzione di Hairakhan. Là giunti trovammo riunite molte persone per un grande bhandara (grande pranzo offerto a chiunque si presenti). In quell’occasione Babaji mi chiese di preparare ogni giorno quatro libbre di prasad (cibo benedetto) da distribuire alla gente. Preparavo regolarmente il prasad nella quantità indicatami da Babaji, e straordinariamente era sempre sufficiente, che ci fossero 10 o 100 persone: non era mai troppo, né troppo poco.
Rimasi, dopo essere tornati dal Kailash, altri tre mesi con Babaji senza mai tornare acasa. I primi giorni dormivo nella grotta, vicino a Lui: dividevamo la stessa coperta, Babaji mi metteva a dormire come una madre fa col suo bambino. Durante i quarantacinque giorni passati sul monte Kailash e i tre mesi successivi nella grotta di Hairakhan, Babaji non ha mai mangiato né bevuto nulla, e così feci anch’io. Ogni volta che mi allontanavo dalla grotta e attraversavo il fiume Gotama Ganga, che scorre a qualche metro di distanza, sentivo un gran fame, ma appena riattraversavo l’acqua per tornare alla grotta, mi sentivo come se avessi mangiato un pasto completo.
Quando Babaji si sedeva nella grotta a meditare, una luce molto intensa emanava dal tempio, situato a mezza costa sull’altro lato del fiume, e cadeva sul Signore. Diversi abitanti del villaggio di Hairakhan, tutt’ora viventi, posono confermare questi fatti. Dopo tre mesi tornai a casa, anche perché la mia famiglia cominciava a lamentarsi che ero diventato uno yogi. Fra le altre cose, raccontai a mia madre questo fatto, per chiedere a lei conferma. La prima volta che avevo incontrato Babaji nella grotta, Egli si era rivolto a me chiamandomi per nome. Con sorpresa Gli avevo chiesto come potesse conoscere il mio nome. “Chandramani, tuo padre è stato un Mio grande devoto, ma in quel periodo tu non eri ancora nato.” Babaji descrisse poi come era la mia casa, il tipo di raccolto e quali erano gli alberi che stavano nel campo di mio padre al tempo in cui era ancora vivo. Mia madre confermò ogni cosa, fin nel più piccolo dettaglio. E’ ancora viva oggi, e può testimoniare la verità di questo fatto in qualsiasi momento.
In seguito rimasi spesso vicino a Babaji. Una volta Lo accompagnai al monte Siddheshwar, a tre miglia circa da Hairakhan. Passammo la notte sulla montagna: Babaji era si sedette in meditazione e io rimasi accanto a Lui. Durante il Suo stato di samadhi (stato di supercoscienza) una bellissima luce divina emanò dal Suo corpo, meravigliandomi profondamente.
Nel dicembre 1970, durante le fredde notti invernali, Babaji era solito fare il bagno nel fiume alle quattro del mattino e rimanere nell’acqua per un’ora. Quando mi sedevo vicino a Lui sul bordo del fiume vedevo sempre un raggio di luce divina sull’acqua.
Nel gennaio 1971, Shri Sher Singh, guardia forestale di professione, organizzò un’intera notte di canti e recitazione del Ramayana (antico poema vhe canta le gesta del Signore Rama). Si radunarono circa 700 persone. Quella notte piovve intensamente, ma, con meraviglia di tutti, non una sola persona patì il freddo o il disagio, e neanche il fuoco sacro venne spento dalla pioggia: tutto questo fu possibile per la presenza di un potere divino.
Mi fu dato l’incarico di costruire la hall vicino al tempio. Una mattina lasciai la casa verso mezzogiorno, mentre ero via mia moglie fu colpita da un acuto dolore addominale che divenne così intenso da pensare di non poter più sopravvivere. Mandò comunque nostro figlio a chiamarmi dal lavoro. Non appena il ragazzo uscì di casa Babaji entrò, camminò nella stanza, sentì il polso di mia moglie, e strofinò la vibhuti (cenere del fuoco sacro) su di lei, che guarì quasi istantaneamente.
Quando alla sera feci ritorno a casa mi narrò tutto l’accaduto, ma non riuscivo a credere poiché in quel preciso momento Babaji era con me. Inoltre la mia casa era a considerevole distanza dall’ashram, e pensai che non era possibile per Baba andare e tornare senza che io lo sapessi. Infatti questo avvenimento causò un piccolo litigio in famiglia. Il giorno dopo, di mattina presto, recandomi da Prabhuji per renderGli omaggio, Egli mi chiamò e mi chiese: “Sta bene ora tua moglie? Perché hai litigato con lei? Ho veramente visitato la tua casa.” Fui ridotto al silenzio totale.
Amici miei, non posso dire chi sia più caro al Signore. Tutto quello che so è che per la grazia infinita del mio Signore sono stato così fortunato da essere con Lui in questa spoglia mortale fin dai primi tempi della Sua ricomparsa, e mi è stato concesso il Suo infinito Amore. Prego soltanto di non essere mai separato da Lui e che mi sia concesso il Suo sconfinato Amore e infinita compassione per sempre.
Chandramani, Hairakhan P.O. Okhaldunga, Nainital, U.P., India.
20 settembre 1971, da un articolo del giornale Sundesh Sagar di Haldwani, Nainital, Uttar Pradesh, India.